Mentre il diciannovesimo secolo dava luogo al ventesimo, le maestose visioni naturali passavano di moda. “Così parlò Zarathustra” di Strauss, a imitazione dell'”Anello”, comincia con una triade imperativa su una fondamentale, ma nella sezione successiva una spessa nebbia armonica scende e la gloria scompare, per non riapparire più. Nei primi, radicali lavori di Ravel, Stravinskij e Schoemberg, i toni ripetuti sono allarmi di ossessione, segnali di follia. Al tempo di “Wozzeck”, che fu inizialmente abbozzato durante la prima guerra mondiale, la nota singola è diventata uno strumento di terrore: verso il climax dell’opera, due enormi SI vengono trapanati nel cervello dell’ascoltatore. Nella tragica narrativa sinfonica della quarta di Shostakovic e della sesta di Vaughan Williams, i modelli monotoni sembrano rappresentare il mondo morente e singhiozzante: entropia in azione.
Alex Ross
The New Yorker, Nov. 21, 2005.
Della tradizione musicale classica e illuminista europea, anche in qualunque accezione positiva questo termine possa suggerire, rimane poco, nell’impasto quotidiano. Del suo opposto complementare, il suono romantico, rimangono tesi ed ideali di cui pure dovremmo liberarci, in uno sforzo di superamento che renderebbe onore alla vita. Qualche decennio fa i negozi erano carichi di composizioni classiche registrate e pubblicate in base a stilemi svergognatamente romantici, come il mercato richiedeva: oggi rimane solo una immensa onda sonora indecifrabile.
Quest’onda sonora emblema della nostra civiltà, carica di rimandi e citazioni continue, contiene ogni sorta di promesse. Il suono corrotto dell’orchestra straussiana, quello magniloquente dell’orchestra mahleriana, le sofisticazioni di Bruckner, gli artifici di Prokov’ev risuonano distorti e manipolati in ogni angolo del nostro sistema di consumo musicale. Viviamo immersi in un oceano di suono derivato, impossibile da contenere.
John Cage, nume tutelare dell’avanguardia musicale americana, ha dedicato la sua vita alla ricerca di orizzonti nuovi nella composizione musicale. I suoi modi compositivi: un amalgama di operazioni d’azzardo, la latitudine della performance, l’uso dei suoni elettronici e l’inclusione del rumore dell’ambiente. Il suo obbiettivo: aumentare l’ampiezza del campo dell’arte e celebrare la ricchezza della vita.
Condiviamo qui questi intenti, osserviamo le conseguenze (come pure le antecedenze) di una attitudine alla vita, al lavoro, alla composizione che condividiamo ed amiamo. Ne traiamo insegnamenti ed inspirazione utili alla definizione dello scopo dell’arte nel nostro mondo instabile, nei nostri paradigmi ideologici slittanti, dei nostri ambienti di residenza e di comunicazione sempre mutevoli, con la speranza di trovare motivi di ricreazione.
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