Risuona tutto di effusioni antiromantiche, il programma scurissimo di Mary-Anne Hobbs in onda sulla BBC da qualche anno. Ritmi da dancefloor sofisticati e mobili, carichi di suggestioni familiari e pure avventurose, tanto energetiche quanto gentili, nella loro affabilità vagamente glaciale: Dubstep. Contraddizioni che reggono i tempi delicatamente, ad impedire traffici congestionati, transazioni illegali ed ogni altra faccenda illustri più chiaramente i segni dei tempi. E’ un processo eroico, questi giorni, definire uno stile musicale così eterogeneo eppure compatto, sinergico, ampiamente fluido.
L’ipotesi è almeno devogue, se non del tutto deculturale, all’opposto delle macchinazioni cheap e transgeniche di tutti gli opportunisti che della stessa materia apparentemente si occupano. Facile, attualmente, distinguere le imposture modaiole quando si tratta di fluttuazioni così care al sentimento umano, quando di decorazione d’interni efficace si tratta, e non di semplice abitudine alla simulazione. Qui entra in gioco la nostra impavida curatrice, capace di attrarre platee accomunate solo in essenza, tanto sono assortite stilisticamente, come solo i più corretti e seri curatori sanno fare, nell’esercizio più difficile di tutti, quello estetico.
La tempistica nera di Brixton regola l’insieme: guerriglieri disarmati ma per nulla evanescenti si muovono rapidi sulle orme dei profeti. Nuvole di tripHop a tratti attraversano una scena priva di qualunque orpello, terribile quanto bellissima. Pare quasi ci sia una tradizione in atto, a seguire le indicazioni della Hobbs, evangelista di quella tensione confluita nella calma nirvanica del nuovo millennio, privo di storia quanto di enfasi tecnologica, indifferente al vuoto ideologico quanto alle sodomie consumistiche. E’ il suono di un futuro rotolante e transitivo, questo, che appare al crepuscolo per pilotare qualunque divenire sia attuale.
Impressionante anche la varietà e la ricchezza di formazioni inedite, di squadriglie di coordinamento sorprendenti e misconosciute. Compito dei curatori dell’esibizione d’arte contemporanea sarebbe proprio svelare le costumanze artificiose e un po’ tetre dei più sterili imitatori, privi di allure erotica, e tantopiù di capacità di riunire le forze potentissime che si muovono alle consolle segrete che questi figuri manovrano. Compito dei compilatori di antologie sarebbe suggerire l’autenticità, la credibilità e l’autorevolezza di ciascun operatore portato all’attenzione.