I tre parametri musicali su cui i compositori investigano sono Tempo, Tono e Timbro. Sono parametri comuni ad ogni epoca, in ogni luogo sulla terra, a monte di qualunque sentimento nazionale, romantico o illuminista, che definiscono la sostanza stessa di cui la musica è fatta, nel suo processo di apparizione mondana, nel suo svolgersi formale davanti a tutti noi. Ogni pregiudizio ideologico, come ogni impulso autenticamente metafisico, diviene leggibile, in musica, attraverso questi tre parametri.
L’intonazione del pianoforte, l’applicazione ideale della scala (ben) temperata, determinò in occidente l’intera musica successiva a Bach, pure se i grandi organi da chiesa, per esempio, vi si adattarono solo nella seconda metà dell’ottocento. La modulazione politonale, resa possibile da tale intonazione, definisce in qualche modo l’intera processione della musica occidentale, intesa in senso moderno o, come direbbe ogni saggio responsabile delle categorie del marketing, come musica classica.
Per superare questo indugio tutto tecnicistico e narcisista fu necessaria la violenta spregiudicatezza americana prima e la sconfitta del nazismo poi, ad azzerare un mondo che era fatalmente giunto alle proprie estreme conseguenze. La riduzione della composizione a termini finalmente proporzionati venne determinata dal fallimento delle teorie economiche, dalle rivendicazioni sociali, da una consapevolezza planetaria senza precedenti. Cage, Stockhausen e Reich riportarono tutto entro funzionalità plausibili.
Un trait d’union rilevantissimo, emancipato dalla tradizione accademica in modo esemplare ed alieno dalle fandonie del commercio, Lamonte Young prese una posizione ferma nei primi sessanta sconvolti da droghe nuovissime o meno e assassinii governativi, da folli corse a potenziali attacchi missilistici e da una disponibilità finanziaria mai vista prima. Young apprese la tecnica a dodici toni di Schoemberg insieme a Leonard Stein, poi conobbe David Tudor a Darmstadt, dove studiò le tecniche elettroniche e incontrò la teoria di Cage.
La dimensione di Lamonte Young, lungi dall’essere facilmente connotabile con la terminologia dell’epoca, è profondamente onirica, sospesa, priva di formalismi e ridondanza. Pure essa è fedele ad un’esattezza imprescindibile, capace di mentenere attenzione e focus per una durata interminabile, carattere fondamentale di una meditazione rigorosa e profonda. La sua raffinata combinazione di teoria matematica e tradizione indostana, accuratamente studiate e sperimentate, ha avuto esiti formidabili.
Non ha vissuto isolato, nella New York dei primi sessanta, Lamonte Young. L’ampia influenza esercitata sugli artisti vicini e pure su un pubblico aperto e attento deriva dal forte desiderio di connessione, di appartenenza, di fratellanza. Lo spazio di happening, completamente diverso da qualunque “sala da concerto” era la sua casa, il luogo di ritrovo di molte delle istanze più profonde e significative che lì si svolsero in quegli anni. Una vera accademia, un luogo di studio intenso e puro.
La musica è una esperienza di ascolto, di immersione nelle vibrazioni che rappresentano un momento nella vita dell’universo. Idealmente la musica ci aiuta a sentire l’universo come una unità di cui siamo parte, una esperienza che deve essere unificante per definizione, nella quale le categorie storiche c’entrano poco, le analisi fonologiche finalizzate solo all’apprendistato. Le sintesi vengono da chi, come Lamonte Young, ha adoperato la sua vita per condurre una esperienza intima, bella e importante.
[…] è indebitata con John Cage, la musica di cui amiamo occuparci ( e con Karlheinz Stockhausen, Lamonte Young, George Russell) quanto potrebbe esserlo con quella dimensione iperspaziale a cui la musica blues […]