Ci sono zone, nella nostra geografia mentale, cariche di risonanze indecifrabili. Luoghi in cui la definizione del panorama è vaga, leggera come polvere che attraversa le dimensioni. In questi luoghi, che la mente crea anche suo malgrado, le categorie ordinarie sono sospese, rese ambigue da una nuova percettibile leggerezza, che contribuisce a legami chimici insoliti, a moltiplicazioni cellulari completamente nuove. Qui, all’interno di sale velate, friabili al minimo soffio di vento, si svolge la nostra vera vita. Quella in cui la continua ricreazione, che ci priva di qualunque identità particolare, svolge il suo processo interminabile.

E’ il principio di non contraddizione, a regolare queste strutture fragili ma vagamente incantate. La leggerezza dei toni stessa genera una nebbia fertile, carica di spore recanti sentimenti fluviali: di cristalli d’aria è fervida l’atmosfera, a generare nuova vita. Non si da la caccia a nessuno in questi luoghi, ci si limita a profittare dei semi portati dalla volontà dei genii locali, che ascoltano rapiti. Sono invocazioni infuocate, di sicuro, e pure senza controllo. Sono strumenti eterei, quelli che questi servitori del mondo futuro maneggiano, ma nondimeno pratici ed essenziali; la decorazione è fatta di merletti lagunari, vetri soffiati e colorati di cera, di smalto bizantino e oro.

E’ anche un esempio luminoso di economia politica, questa deliziosa raccolta casalinga senza ombra di limitazioni. Come di un racconto fatto circolare a mano, ogni destinatario essendo noto, finchè si cristallizzi in una memoria sufficientemente larga da diventare terra, sparsa nel vento. Io intravedo nuove culture, tra i residui delle continue decostruzioni fin qui adoperate, e forse questi sono già i primi frutti, di cui gusto il succo. Desideri ardenti che prescindono da qualunque mondo antico, prendono forma evanescente a rammentarci che all’interno di climi brumosi tutto ciò ha luogo. Lontani dal sole, e da qualunque frenesia.

Quello che invece è totalmente assente è quello specialissimo orrore che distingue ogni linguaggio inappropriato, ogni sequenza combinata di termini arbitrari. In questa luce tutto si svela come inevitabile, fluido ed espresso attraverso volute frattali, ubbidienti soltanto al percorso del fumo d’incenso, dei vapori idrogenati tipici della vitalità ancora priva di forma, ma che ogni forma contiene ed implica. La sequenza verbale acquista a tratti termini perentori, come di litanie recitate ad arte, prive di enfasi quanto inaudite. E’ il tratto davvero ricreativo che spazza i tremendi effluvi della ripetizione micidiale, della incessante perpetuazione dell’inganno.