La fisica delle particelle sembra non avere fine. L’esplorazione dell’indefinitamente piccolo porta la visione di interi universi inesplorati, ad ogni avanzamento in una nuova scala di valori. Ciascun nuovo passo porta una nuova percezione: qualunque microcosmo sembra la replica del passo precedente, pure: ciò che muta è la nostra posizione, e lo svelamento di altri universi rende impossibile considerare assoluti i precedenti. Così in alto, come in basso è il vero insegnamento della scienza, che procede per elementi assodati, empiricamente dimostrabili, potenzialmente ripetibili. Non così la musica, modo esperienziale indefinitamente meno certificato: Non ci importa che la nostra esperienza estatica sia ripetibile, essa esiste nel nostro essere, esisterà in eterno nella nostra memoria, anche se ci farebbe piacere poter tornare lì. Noi sappiamo che tornare non è mai possibile, nello stesso posto.

Dal verbo frangere, Benoit Mandelbrot scelse di ricavare il modo di descrivere una nuova geometria matematica, parte della nuova scienza del caos. “Un frattale è una forma geometrica, una forma geometrica che possiede la speciale proprietà per cui se la guardi più e più da vicino, scopri che è essenzialmente la stessa cosa”. La risonanza latina, ma anche francese e italiana, e pure inglese Frattura e Frazione (noumeno ed aggettivo) ci ricordano che la nozione di auto-similarità colpisce accordi antichi nella nostra cultura. Un memorabile corso nel pensiero occidentale ne santifica l’idea. Anche ciascuna tesi ologrammatica si poggia sulla stessa esperienza, ogni singolo frammento contiene lo schema informatico del tutto, ne è esempio simbolico non come messaggio soltanto, ma come intero essere.

Gottfried Wilhelm Leibniz immaginò che una goccia d’acqua contenesse un interno universo pregno a sua volta di gocce d’acqua con nuovi universi all’interno. William Blake parlò del “Vedere il mondo in un granello di sabbia”. Ma l’autosimilarità ha cessato di essere un principio scientifico ed il processo di sviluppo ontogenico è molto più interessante del mero ingrandimento, strumento essenziale nell’affrontare miti duri a morire mentre la visione umana viene estesa da telescopi e microscopi. Le prime scoperte sono realizzazioni del fatto che ogni cambio di scala porta nuovi fenomeni e nuovi modi di comportamento. Per i moderni fisici delle particelle il processo non è mai terminato. Ogni nuovo acceleratore, con il suo aumento di energia e velocità, estende la profondità di campo scientifica a particelle più piccole e a scale temporali più brevi. Ogni estensione sembra portare nuove informazioni.

I fisici vogliono sapere di più, e pure i musicisti vogliono sentire di più. Vogliono sapere perchè i primi, i secondi vogliono sapere come. Ci sono forme in natura, non forme visibili ma forme avvolte nel tessuto del moto, che aspettano di essere svelate. Dietro alla materia stanno dimensioni che la polverizzano, che la rendono soltanto un’allusione translucida e mutevole, i materiali che abbiamo davanti agli occhi sono ora soggetti di mutazione, di transformazione imminente. Prive di logica formale, le strutture materiali riducendo le proprie dimensioni divengono inafferrabili, intraducibili, incomprensibili. La nostra musica, passando da strutture narrative naturalistiche, attraverso l’orrore e l’incanto, a spazio transitorio e deformalizzato, ci ricorda attimo per attimo che nessuna affermazione è data, che nessuna struttura è superiore o primaria, che siamo polvere nel vento.

music: frolicfon – keiichi sugimoto, tokyo, Japan