Anche l’entusiasmo futurista per il rumore rappresentava bene l’ansia di un secolo, allora a venire, che dal rumore, incomprensibile e malsopportato, è stato contraddistinto. I musicisti con il rumore intesero misurarsi, lo trascinarono sul palco, dapprima in modo provocatorio o mimetico, poi cominciarono a trattarlo come contesto, o addirittura come materiale armonico, a indicare le opportunità che il rumore conteneva, allusioni o addirittura promesse.

La tecnologia si dimostrò lenta ma i poeti, nel costruire mondi, si rivolgono ai detriti, ai frantumi tecnologici scartati. Oggetti di consumo che significavano poco sono stati portati in una dimensione carica di attenzione e cura, usati, manipolati e lasciati fiorire come nobilissime armi di costruzione di massa. Intanto i compositori che si emancipavano dall’accademia retrograda presero le distanze dalle orchestre imperiali, dalle epiche militari, infine pure dal golfo mistico.

Non è mai stato un problema di Wagner l’economia di esercizio, nè Mahler si è occupato più di tanto delle spese per gli orchestrali. Il massiccio impiego di strutture e personale, necessario alle colossali messe in scena di questi, peraltro intoccabili, maestri, deve suscitare un moto di disgusto, nelle lucide economie del futuro, imperdonabile l’investimento retrogrado, il sentimentalismo pagato con soldi pubblici. Il sostegno ai teatri dell’opera megalomani e falsamente aristocratici può venire soltanto dai nostalgici e dai manipolatori ideologici.

Ascoltare musica è facile e poco costoso, oggi, almeno in termini tecnologici. L’unità piccola, mobile ed estremamente intelligente che i compositori contemporanei hanno a disposizione nel loro iperstrumento inoltre, è del tutto imprescindibile, leggera, liberatoria. Tutto questo ha una grande importanza ai fini dell’ascolto pubblico, ma pure la facilità che abbiamo tutti a procurarci suoni di enorme varietà e portata influenza i modi compositivi, il pensiero ed il modus operandi stesso del compositore.

La storia della musica è completamente cambiata all’avvento del registratore a nastro, almeno dagli anni 50. Jean Cocteau immaginò Parade, il balletto musicato da Satie, immerso in un ambiente colmo di sirene, motori ed altri arnesi meccanici “trouvée”, già nel 1917 e la presenza fisica di questi generatori fu necessaria, George Antheil arrivo ad adoperare un motore da aereo sul palco nel 1926, ma il registratore portatile a nastro non si limitò certo a risolvere problemi pratici ed economici di questo tipo. John Cage, intanto, rendeva la performance musicale qualcosa di completamente diverso.

Sulle orme di Edgar Varése e Ferruccio Busoni, che teorizzarono suoni di qualunque tipo, Cage adoperò giradischi (nel 1939, con Imaginary Landscape no.1) e poi radio, dischi fonografici, scatole di latta ed ogni altra immaginabile e concretissima fonte di suono. Pierre Shaeffer arrivò a manipolare gli acetati, prima di avere accesso al nastro, ed utilizzò per primo un montaggio di tipo cinematografico, negli studi radiofonici in cui lavorava ai radiodrammi sonorizzati. La sua musique concrete fu una alternativa pratica ai suoni astratti scritti nelle partiture.

musica: Marco Lucchi, Modena, Italy