Come ci si misura, un uomo anziano e sentimentale come me, così privo di indipendenza emotiva da dover scegliere il suo torrefattore, il suo impagliatore di sedie, il suo cartaio con l’estrema cura che le parti dolenti del corpo impongono, come si misura, dico, con la nostalgia?
E nostalgia di che, poi? Di anni in cui il clangore delle Rickenbaker a 12 corde suggeriva avventura e immacolate concezioni, quegli anni in cui Mama Cass presentava David Crosby a Graham Nash, o John Lennon ci sollevava da terra con l’infinito accordo di piano alla fine di A Day in the Life? Di che mai si potrebbe avere nostalgia?
Eppure di questo si occupano questo insoliti figuri. Di richiamare alla memoria consunta echi di gospel secolari, umori pastorali e molto rilassati, in uno pseudo-folklore che ci richiama alla mente altri tempi davvero, così svenevoli e trasecolati.
Anche di economia si occupano, a riempire per conto nostro questo attuale sconclusionato sentimento, e ci riforniscono di nuovi adeguati strumenti di bilancio ripresi dai migliori rappresentanti dell’elogio della vita povera e parca che tanto amiamo e di cui parliamo altrove qua in giro.
Una tradizione hippie che si rispetti implica modi e tenori molto poco precisi, ma la parte che ci riguarda, in quella tradizione, è paradossalmente molto intonata, cioè molto consapevole ed “a tempo”. Quassù non ci facciamo mancare nulla, se ci fosse qualcosa da salvare in questa epoca della nostra gioventù, la potremmo trovare tutta qui.
[…] di qualità maggiore sopravviva nei pensieri, nelle parole e nelle opere di questo extrarock nucleare cui i giovani americani sono intensamente dediti da un po’. Abbiamo osservato talmente tante […]