La nostra relazione con Leonard Cohen, l’uomo che a reso Arte l’esibizione delle proprie ferite davanti al pubblico distratto, è profondamente mutata, di recente. Credevamo di essere discretamente parte di un culto riservato, insieme agli scandinavi, oppure ai cultori di una certa fazione regressiva e dark, che considera la depressione come certificato di qualificazione sociale, la monotonia come viatico per la qualità poetica. Viceversa in questi anni della sua avanzata terza età, in cui è bastato pagare un biglietto (piuttosto salato, i tempi sono questi), siamo stati esposti ad una specie di miracolo.

Il fatto è questo: i soldi di Cohen, quelli necessari per garantire un dignitoso ritiro per intervenuta età, sono stati rubati dal responsabile della sua contabilità. Il nostro (archetipico) eroe è stato perciò costretto a compiere, per l’ennesima eppure inaspettata volta, la discesa del mount Baldy, in California ma sopra la linea della neve, sul quale se ne stava pacificamente a compiere rituali da monaco anziano. Una breve telefonata al fedelissimo Roscoe Beck, direttore musicale e sodale d’armi, che in un lampo ha raccolto la sua specialistica armata poetica e ha dato il via al tour senza fine apparente che sta mostrando al mondo, sorprendentemente consapevole, che per ogni generazione c’è un solo Leonard Cohen.

Abbiamo così preso coscienza, noialtri antichi fan delusionali anzichenò, che del grande maestro che ha segnato la nostra infanzia sapevamo poco o nulla. Che l’estesa raccolta di novelle, poesie e canzoni, che i cassetti carichi di ritagli, di documentari illegali e frammentati significavano troppo poco. Che la portata della presenza di quest’omino di Montreal, erede di una bistrattata serie di poeti negletti ed incomprensibili, non era affatto stata misurata compiutamente. A poco erano valse le ricerche, le letture e gli ascolti dei suoi dischi oscuri, malamente prodotti e distribuiti, a nulla le celebrazioni dimenticate.

Quello che abbiamo osservato su un elegantissimo palco, della cui immagine possiamo godere in questi lussuosissimi dischetti ad altissima definizione in 3D, è un vero Santo Extramoderno. La sua figura diminutiva si impone nelle corse aggraziate (a 76 anni) nel disinvolto inginocchiarsi e rendere grazie al suo (adorante) pubblico di amici, nella assoluta dedizione ed al delizioso affidarsi al suo piccolo esercito stellato. Possiamo constatare, anche qui, come il nostro giudizio, così estesamente elaborato negli anni, sia reso insignificante e perfino offensivo dall’attualità. La verità è che non c’era nulla che potesse essere detto prima, che abbiamo aspettato fiduciosi con merito, e ora abbiamo quel che inconsciamente desideravamo. Du dan dun da, da du dan dan.