Biosphere, la creatura nictalope di Geir Jennsen, genera Substrata dopo un lungo silenzio, a rimarcare la profonda gestazione ideologica che lo ha prodotto. L’abbandono delle percussioni e delle sequenze ritmiche rende possibile, per questo Norvegese isolato e insonne, la stesura di un oggetto cardine nella definizione del suono nordeuropeo contemporaneo. Mi piacerebbe, in questa serie “rumorista”, investigare a fondo la psicologia di questi piccoli cercatori romiti che usano la solitudine per entrare in spazi che sarebbero inaccessibili altrimenti. C’è infatti qualcosa, nell’attitudine scandinava, che rende gli uomini, notoriamente riservati e taciturni, estremamente affidabili nel loro essere avventurosi. In una visione europea che stenta a chiarirsi l’innovazione reale finisce per provenire da terre neglette e marginali, che hanno molto probabilmente il futuro ben chiaro davanti al naso.
E’ un futuro malinconico, certamente, quello che Biosphere ci descrive. Questi paesaggi desolati, che fondono uno nell’altro, descrivono una terra astratta in cui il clima e la luce determinano la sopravvivenza, o meno, di ogni impulso gioioso e vitale. Ma questo lavoro in particolare, dopo Patashnik e prima di Higher Intelligence Agency, ci riempie di speranza, in una dimensione critica e gelata del sentimento umano che pure contiene un futuro solido e rassicurante.
Tecnicamente il lavoro è finissimo, la difficoltà nell’accostare questo genere di opere sta tutta nella apparente banalità del suono microscopico, tenue e crepuscolare, che il processo di descrizione ambientale adopera per condividere con noi l’immagine intuita. Che è una immagine spettrale, inconsistente, perfettamente adatta al nostro sentimento incerto e sfuggente. Jennsen ama la precisione dello studio digitale, il controllo di ogni nuances coloristica, ma anche il necessario abbandono che ogni percezione significativa esige. Infine la sensazione precisa ed utile, il successo di questa disposizione alla composizione di ciò che verrà, dipende interamente dalla capacità dei compositori di essere precisi e completi, cosa rara e molto, molto difficile.
[…] Substrata – Biosphere – 1997 […]