La scoperta delle gioie del paesaggio sonoro, e della sua rappresentazione in studio, dovuta forse più alla pubblicazione di Apollo che a quella di On Land, diede origine ad una generazione intera di sperimentatori, che evidentemente si misero all’opera in termini speleologici molto più che estensivi.
L’intera opera di Alio Die è piuttosto buia e claustrofobica anzichenò. I suoi luoghi immaginari, mercuriali e sibillini, suggeriscono una qualche ossessione per la notte, per il non dicibile e l’orrido. In questo senso una direzione ferma viene presa: la sospensione di ogni particolare sentimento, che Brian Eno ha esemplificato, lascia il posto ad un naturalismo quasi ottocentesco.
Questo autore prolifico e raffinato ha trovato modelli di composizione rilevanti ed incrementali. Senza cadere mai nel calligrafismo all’americana è stato capace di organizzare un corpus organico ed utilissimo, mai vago nè impreciso. Le formidabili connessioni con Robert Rich e Vidna Obmana sono testimonianze globali della realtà di questa musica.
In qualche modo, infatti, queste composizioni sono l’opposto dell’isolazionismo di Lull o di Lustmord. In una tempesta sonora quasi metereologica, comunque organica e connettiva, si tiene conto della rete organizzata che negli anni novanta ha preso forma e colore. Ogni paesaggio quantico consapevole ne viene coinvolto, ad affermare l’autorevolezza dell’autore.
[…] i due residenti di California e Arizona, per cominciare. Se Dirk Serries, Brian Williams e Stefano Musso hanno potuto poggiare i piedi ed affermare liberamente lo dobbiamo anche all’entusiasta […]
[…] Alio Die – Under an Holy Ritual 1992 World Receiver – Tetsu Inoue 1996 the River of Appearance – Vidna Obmana 1996 Biosphere-Substrata 1997 Savvas Ysatis – Taylor Dupree – Toyo Ito – Tower of Winds 1998 Glyph – Harold Budd Hector Zazou 2001 Thread – Travis & Fripp 2008 « Affermazioni Sintetiche Angeli e Registratori » […]