E’ un mondo intero, quello degli isolazionisti, per nulla uniforme e del tutto spezzettato, ma che corrisponde ad una realtà molto più profonda e consistente di molti altri. Certo, visto dalle platee pop può sembrare follia pura, ma l’intuizione sonora di molti di loro è in effetti la rappresentazione fedele di una realtà del tutto attuale. Pare che molta parte di noi si trovi piuttosto lontana dal sole.
E’ un suono privo di consolazione, lo sappiamo, ma non privo di pietas. Non è affatto soltanto il suono degli affranti e delle anime perse. C’è una luminosità artificiale, una ventilazione indotta, che è l’esempio più promettente di vitalità che potremmo avere, se fossimo capaci di intuire il suo profondo erotismo, la sua incancellabile spinta di sopravvivenza.
Pare che l’ipotesi ambientale, specie se stemperata con l’ausilio di robuste macchine analogicamente elettrostatiche, sia il giusto riposo degli affaticati guerrieri industriali. Specie in Albione la fascinazione cosmica ha generato una tribù di inconfessati rumoristi, di reietti manipolatori che brancolano nel buio. La mia genìa favorita, fin qui.
Nigel Ayers, attraverso collaborazioni con gli alfieri dell’oscurantismo futuribile: Robin “Rapoon” Storey e Mick “Lull” Harris, è giunto ad una maturazione insolita del verbo più astratto ed informale. Queste emissioni notturne giovano alla nostra causa quanto è più di qualunque altro immaginario sceneggiato. Ne colmano le irrequietezze ancestrali, sostenendo un arco di tensione voltaica.