Ah, le gioie della cura del giardino domestico. L’evoluzione stagionale delle tessiture, l’estasi sublime del ciclo dell’azoto, la germinazione spontanea che deve essere facilitata attraverso una cura sottile, senza invasioni, senza forzature. E poi la pratica quotidiana: l’illuminante azione della zappa, l’inevitabile percorso delle carriole, l’acqua, e l’uso artistico delle cesoie. Come potrei vivere senza il mio giardino? Come affrontare lo spazio illimitato fuori dal mio hortus conclusus? Con quali macchinari, quali sistemi di respirazione?

Dovessi partire, uscire dai limiti angusti del mio terreno conosciuto, mi procurerei gli aletiometri necessari, uno dei quali è certamente costruito da Jeff Greinke, pantalaimon eccelso. Dovrei difendermi dalle polveri sottili, quelle che rendono l’orecchio insensibile e freddo, mitigare l’influsso mancato dei miei oggetti familiari con una qualche illusione acustica ad hoc, compensare disagi ed inquietudini con qualcuna delle sue foglie cadenti, delle sue orizzontali costellazioni sonore. Per grazia, il suo lavoro entra nella mia casa senza costringermi ad uscire.

Un talento perduto in qualche dimensione dissociata, quello di Greinke. Nondimeno, questo retaggio di luoghi immaginari ha lasciato un segno importante nei nostri dominii. In distese acquatiche costellate di vegetazioni affioranti, molti hanno navigato, dopo di lui, carpendo segreti ed innocenti nuances, fino all’assenza completa di gravità, fino alla dissoluzione armonica. Sono piccoli gioielli candidi, questi composti così ben amalgamati, sono gocce di pioggia che indefinitamente cadono, senza toccare mai terra.

Ho sempre creduto, ingenuamente, che lo scopo delle mie composizioni favorite, da John Cage a Robert Fripp, da Toru Takemitsu a Wendy Carlos fosse la riconquista dell’innocenza. Sopra all’esistenza, fuori dal tempo corruttore, in spazi e dimensioni sempre vitali e programmabili, in modo da immergersi nel lago sacro originario. Meno ingenuamente ho partecipato alla continua ricostruzione di questi mondi, insieme a colleghi di valore, abituati a nutrirsi dei frutti del cielo. In modo un po’ inaspettato, è proprio a Greinke che devo la migliore manutenzione della mia memoria.