Non trovo affatto difficile vedere i prodigiosi lampi di luce che questa musica oscura genera. Trovo che per respirare l’aria fine delle grandi altezze sia soprattutto necessaria una grande aderenza al terreno, una serena familiarità con gli anfratti, con le caverne del pianeta perfino, una pratica del sottosuolo che sia usuale, placida, agiata. Raccomando l’uso di manuali inferi soprattutto a chi intenda ricordare la materialità dell’esistenza umana, prima di immergersi nei racconti spirituali.
Ci vorrebbe una esperienza del tutto straordinaria per poter distinguere con cura gli angeli dai démoni. Ché i primi ci spezzerebbero il cuore come i secondi, trovandoci impreparati, ed arricchirebbero la nostra conoscenza della vita allo stesso modo, nel caso opposto. Hanno suoni diversi, queste presenze, e l’indizio focale di questo consiste. In questa raccolta si distinguono bene ambedue.
Amo molto questo disco, trovo che sia un ottimo punto di contatto con i desideri di questo sound designer professionale e richiestissimo. Ne ascolto le pieghe suggestive, derivate da sperimentazioni precise e complete commissionate da insospettabili registi matricolati. Mi piace pensare a queste strutture articolate come ad un rilevante esercizio di pittura rupestre.
La collaborazione di Brian Williams con Adi Newton ci da l’occasione per ricordare i Clock DVA più atmosferici: Final Program (Decoded 2) o The Connection Machine visti attraverso una lente primitiva o forse sofisticata. Non ci sono paranoie o malevoli intelligenze artificiali qui in giro ma piuttosto una rete sotterranea di conoscenze riflesse, sprofondate nella terra da cui dovrebbe essere recuperate.