E’ un disco bellissimo questo, e pure importante. Strutture compatte e ricami fini, il giusto equilibrio fra solida affermazione e preoccupazione estetica. Composizioni colte ed insieme popolari, in un equilibrio per niente facile da raggiungere. Melodie impeccabili, fraseggio intenso e privo di supponenza. Come non cadere innamorati di questa Alice, tutta contenta di affermarsi in un’ Europa nuova?

Poi una roteazione di stilemi freschi e eleganti, derivazioni letterarie di discrezione aristocratica, un entourage totalmente insolito nelle produzioni discografiche anche sue contemporanee in quegli anni ottanta, nella Milano fortemente scossa da sussulti modaioli (e antimodaioli).

E’ un po’ buffo pensare alla quantità di promesse che questo disco conteneva, ma un po’ triste pensare alla splendida qualità di queste stesse promesse, che forse non sono state mantenute. Privo di suddittanze anglosassoni come di ossessioni francofone. Splendente e ragguardevole in una indipendenza di pensiero e atto, mi pare il giusto esempio di come intelligenza e impegno siano facili da sprecare.

La gentile signorina Carla Bissi era una cantante fatta e finita in questi anni carichi di resa e cura. Il gruppo che l’accompagnava, di sicura portanza e bellezza, al di sopra di ogni sospetto. Produzione stilistica centroeuropea colta e raffinata, di respiro assolutamente internazionale, da porsi alla pari di chiunque. Che si poteva obbiettare a tutta questa originale e prometeica postura?