Divine Cohen

Quando penso al significato autentico della poesia di Leonard Cohen e della sua autorevolissima, splendente capacità melodica, è la parola “semplice”, quella che mi viene in mente. Penso al vero senso di questa parola, che indica uno stato di lucidità e di pulizia che viene raggiunto, non dal quale si parte, in un delicatissimo processo di sfrondamento, di alleggerimento dell’essere vitale, nella vita umana. Potrebbbe essere banale parlare della necessità di semplificare, non lo è parlare della possibilità di farlo, o della capacità, forse.

La storia della musica occidentale moderna, nei parametri stabiliti da Bach e dai suoi temperamenti, è completa, si raccoglie in un orto perfettamente concluso, sviluppato e sviscerato in ogni direzione, secondo ogni ipotesi. Raccogliere gli strumenti, gli arnesi della musica popolare, stigmatizzarne le forme e i linguaggi è ancora più facile. Quasi una scienza esatta definire i confini della musica del nostro tempo passato. Semplificarla no, non è facile, e certo non pare possibile, senza rischiare di ridurne la portanza, il senso.

Ma non è un gesto tecnico, quello di Cohen. Di Poiesis si tratta, negli atti: della completa ridefinizione del nostro mondo quotidiano, che pure rimane al suo posto, nella sua decantazione a nobilitarlo, a renderlo un posto in cui la vita umana abbia la sua vera dignità, senza sconcerie, in una perfettissima rappresentazione della sua reale rilevanza. Non c’è poesia che non sia cantabile inoltre, e non c’è la possibilità di incantare, di rendere del tutto attuale il gesto senza cantarlo, fra di noi, insieme con noi.

Guardare la figura, familiarissima, di Leonard Cohen muoversi su di un palco, vent’anni dopo l’ultima volta, mi ha turbato. Non perchè io fossi stupito della cristallina solidità delle sue canzoni, come il mio commosso vicino di sedia, non perchè la sua scattante condizione di salute renda perfettamente chiaro con chi abbiamo a che fare, ma perchè ho cinquant’anni, e non ci sarà nessun altro Leonard Cohen nella mia vita, nella vita di questa mia invisibile generazione.