C’è stato un tempo in cui le musiche universali andavano trovate, fuori, sul campo. I cacciatori di talenti nascosti e segreti erano essi stessi uomini di talento, animati da una furia selvaggia, a scoprire ciò che rappresentava un valore per l’umanità, per la sua evoluzione e per il suo sviluppo.

Alan Lomax che dava la caccia, dopo suo padre John, ai reietti, agli emarginati dalle crisi economiche e dalla cecità culturale. John Hammond, al servizio della Columbia records, nei locali oscuri e nelle cittadine di provincia, ad alimentare quello che sarebbe diventato un business colossale. Ahmet Ertegun, a rifondare i principi commerciali attraverso i veri maestri, musicisti e cantanti, con la fondazione di un’etichetta discografica indipendente ed originale, basata sulla personalità del fondatore anzichè su grandi scelte politiche da consiglio di amministrazione.

In questo racconto, voluto da Bob Dylan per preservare la raccolta fonografica della biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, se ne celebra il valore e l’impegno, sullo sfondo della narrazione riguardante due splendenti figure di cantanti e autori leggendari.

Non c’è un sospetto odore di formalina, intorno a queste canzoni superbamente rieseguite dai maggiori eroi della vera musica americana, e irlandese, ma piuttosto una sincera commozione di fronte ad autentiche istanze politiche e umane, ideali e pratiche di cui si rammentano la necessità e l’urgenza.

Forse i personaggi veri del pop contemporaneo sono tali perchè sanno quello che stanno facendo, forse la grande qualità di cui la musica ha bisogno per entrare nella nostra dimensione è ancora molto presente, attenta e vitale in questo nostro mondo spiacente. A seguire queste scene pare davvero che sia così.