L’inquietudine sinistra, che il folle approccio retro-future di Bill Nelson genera, è compensata totalmente dall’alto grado di musicalità di cui il nostro è portatore. Di solida antica scuola glam, britannica e nostalgica, il suono di queste luccicanti chitarre è quello che il rock’n’roll avrebbe dovuto avere, se la sua formidabile innocenza avesse superato i limiti del 1956.
L’ostinata indipendenza mercantile di questo anziano appassionato di radiofonia ci procura brividi solastalgici, che ci portano a riconsiderare i nostri sogni adolescenziali come niente affatto superati. Molte di queste sciocchezze ritmiche dense di autentica passione hanno riempito le aule di apprendistato dei rocher degli anni ottanta, influenzando con composizioni esemplari per musicisti sofisticati ogni possibile estetica.
Anche la produzione sonora è originale e stimolante, dal punto di vista economico e gestionale oltre che da quello sonoro e musicale. I mezzi minimi non sono una semplice opzione per il roch, ogni magniloquenza dovrebbe essere bandita dalle sale in cui questa musica sbilenca prende forma. Ciò che di ammirevole c’è stato nella genesi della musica roch, oltre alla deliziosa incompetenza, è la estatica povertà di mezzi e attese, infatti.
[…] meandri della produzione fonografica. Facile che salti alle orecchie l’archetto magnetico di Bill Nelson, le celestiali tastierine di Roger Eno, il cor anglais e l’oboe di Kate st.John, una biondina […]