Troppo facile prendersela con David Bowie: un patrimonio di 500 milioni di sterline, una bellissima moglie nera ed un invidiabile forma adatta ai suoi sessant’anni cosmopoliti. Davvero non male per un coatto di Brixton a rischio di sanità mentale, che temeva di finire male anche mentre coglieva successi planetari.

Noialtri avevamo sospettato che Ziggy Stardust la sapesse più lunga di quanto lasciasse intendere. C’eravamo goduti la trilogia berlinese, infatti, ed eravamo andati a patti con lui. Quei deliziosi soft drink corporativi che ci propinava altrimenti, a volte, erano proprio ciò che ci voleva, e ci siamo tanto divertiti con il suo rock’n’roll suicide, e avanti let’s dance.

Ciò non toglie che noi consideriamo reale la responsabilità del giovane teatrante, quando si tratta di fare sul serio ed innovare un pochetto questo desolante panorama pop. Nathan Adler ci si presenta proprio con questo scopo, in una atmosfera di studio delirante e progressiva. Assistito da avventurosi cavalieri futuribili il nostro ci si lancia, in una ipotesi di innovazioni.

Infatti siamo grati per questo small plot of land, deranged and with no control, siamo grati a captain Eno che nemmeno troppo dietro le quinte ispira senza dirigere, siamo grati all’intera atmosfera, per quanto un po’ troppo Damien Hirst per i nostri desideri, e cogliamo l’opportunità per rimembrare le delizie da Grand Guignol dei video che accompagnano e illustrano.