Nessuna parola viene pronunciata in questo film, nessuna spiegazione viene rivolta alle sinapsi del linguaggio verbale: solo immagini, suoni, musica. L’avventura del viaggio, la spinta che lo determina nel suo ripetersi, l’esplorazione del differente modo di sentire il gusto della vita sulla terra, questi sono gli oggetti trattati, documentati qui. In una dimensione mondana, tra la luce dell’alba in un villaggio del sud dell’India, la potente immagine della chiesa cattolica e la trance socievole e spettacolare di Bali, possiamo assistere al dispiegarsi della vita sul pianeta, senza poter distinguere, nè giudicare proprio nulla. 

Il rilevante impegno, anche tecnologico, che troviamo in queste immagini ha una sua spiegazione quasi metafisica, è l’illustrazione di un equipaggio che conduce la stessa barca, ciascuno al suo posto. Non credo sia facile intuire una certa qualità sacrale nelle immagini cinematografiche, ma se mai mi è successo è qui.

Nell’azione documentale ogni angolazione personale, anche molto a monte di qualunque giudizio, potrebbe essere bandita. Il nostro punto di vista, per quanto maturo e qualificato, emerge sempre nella visione che intendiamo comunicare. Forse tranne quando siamo davvero parte del paesaggio illustrato, il nostro è un punto di vista esterno, transitorio quando non troppo superficiale. Nulla di tutto questo avviene qui: Ron Fricke e Mark Magidson, forti dell’esperienza insieme a Godfrey Reggio, hanno definito superbamente ciò che ogni documentario futuro dovrà rappresentare.