Di fronte a King Crimson sul palco le nostre difese crollano, il cinismo dietro al quale ci nascondiamo cessa di essere una opportunità decente: King Crimson ci commuove. Il semplice quartetto qui rappresentato è l’ultima delle configurazioni incarnate a sostenere il verbo, quella responsabile della produzione di “The power to Believe”, disco che rappresenta una importante inversione rispetto al rude e confuso “The construktion of Light”.

Sono tutto sommato poche le bande rappresentate male su disco come questa. In fondo l’ambiente ordinato delle sale di ripresa giova perlopiù, sia ai novizi che agli anziani, in termini di chiarezza espositiva e forma, anche se non certo in termini di energia e portanza. Questo dischetto serve a compensare gli sfortunati esclusi da un tour denso di meraviglia e splendore.

La ripresa sul palco di qualunque organismo rock non aggiunge nulla e toglie molto di solito, qui non abbiamo scelta: non c’è alternativa meno compromessa, non c’è documento più preciso.  Questi quattro giovanotti, armati fino ai denti e pericolosi, vanno accettati come sono: i più formidabili araldi di qualunque rock music a venire. La loro presenza scenica, estremamente seria e mai solenne, serve da punto di riferimento per orientare in una forma musicale che ha esaurito ogni spinta implicita, che necessita di una infusione vitale improbabile ma potente come questa per essere ancora percepibile.