La furia selvaggia che David Torn introduce nelle sue composizioni apparentemente destrutturate non ha pari in quest’arte ambientale che così volentieri consideriamo. Mai come con lui è evidente l’autentico concetto di atmosfera, ben oltre i limiti della definizione stilistica e, per così dire, di genere.

 Il suo contributo personale alla storia del paesaggio sonoro, per quanto sottovalutato e distrattamente considerato, consiste soprattutto di questo tenero e ferocissimo urlo animale, di una energia che per quanto possa sembrare fuori luogo nell’equivoco new age, è nondimeno rilevante e piena di promesse.

 Nella definizione di una atmosfera, infatti, sono pochi i modelli dati. Se è vero che le melensaggini alla moda californiana hanno dominato il mercato per un po’, è altrettanto notevole la varietà di sentimenti e stati d’animo ricostruiti e determinati ad arte. Quella di Torn, così volutamente chitarristica, è originale e singolare.
 
Tale e tanta è la dimensione del paesaggio inesplorato che il contributo eccentrico ed espansivo di queste congreghe creative si svela rapidamente in tutta la propria utilità. Il primato della definizione di atmosfera rispetto a quello della composizione narrativa e lineare, definitivamente accettato nella musica attuale, trova qui un contributo speciale, innovativo, credibile.