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Joe Meek è considerato il primo produttore indipendente del Regno Unito. Scrisse, registrò e produsse, in modo caratterizzato dall’uso di echi, riverberi, compressione, limitazione e distorsione, una lunga serie di temi rock’n’roll da spazio esterno, macabri e leggeri resi con cori celesti, suoni eterei e una forte presenza ritmica. I suoi maggiori successi, Telstar dei Tornados e Have I the right degli Honeycombs, tutti registrati nel suo piccolo appartamento, arrivarono nei primi posti delle classifiche americane nell’era pre Beatles. Inventore e tecnologo autodidatta, è considerato l’equivalente inglese di Phil Spector. Meek introdusse per primo, in un’industria musicale fatta di tecnici in camice bianco e di rigide regole, l’azzardo nella tecnica di ripresa, registrando i tamburi da vicino, mettendo l’echo in evidenza e usando la distorsione. Noto per il pessimo carattere si chiuse progressivamente nel suo studio sviluppando una sorta di paranoia e una lunga serie di stravaganze.
Nonostante questo costruì uno studio che rimase allo stato dell’arte per molti anni e una etichetta indipendente che si misurò per un certo periodo con le grandi case dell’epoca.

Brian Wilson è un idolo del pop che non ha bisogno di molte presentazioni. Il gruppo dei suoi fratelli e cugini mise insieme i singoli di maggior successo in una California leggendaria di sole, surf e capelli eccessivi, prima della british invasion sulla costa opposta. Schiacciato dai meccanismi del successo e dal superlavoro decise di concentrarsi sullo studio a 4 tracce dal quale uscì il più influente, già per i musicisti dell’epoca, album pop di tutti i tempi: Pet Sounds. Il gioco fra i Beach Boys ed i Beatles, la concorrenza più creativa del mondo moderno, diede luogo ad una concentrazione di suono che cambiò la percezione della musica popolare una volta per tutte. Dopo Rubber Soul, che lo convinse che la poptopia solare potesse essere eclissata dalla capacità di mettere insieme un album di qualità totale, che conteneva esperienze ed emozioni al di fuori dei limiti del rock’n’roll, si chiuse in studio a tentare di mettere insieme un lavoro definitivo, il grande disco pop americano. Così, mentre le fisarmoniche, theremin, campanelli da bicicletta, kazoo, banjo, glockenspiel, cani che abbaiavano e secchi d’acqua entravano definitivamente nella registrazioni pop, un album che fosse maggiore della somma dei suoi singoli usci anche sul pacifico. Nella primavera del 1966 Brian Wilson aveva 24 anni.

Lee “Scratch” Perry venne, vide e conquistò la Kingston degli anni 50: il primo disco firmato da lui è Chicken Scratch, del 1961. Nel 1966 insieme a Joe Gibbbs mise insieme Long Shot dei Pioneers, un singolo basato su un nuovo ritmo senza nome, destinato a prendersi quello che rock steady, calypso e ska erano riusciti solo in parte a toccare. Messi insieme gli Upsetters, il meglio che gli riuscì di trovare fra i musicisti locali, e che Marley tentò di soffiargli, divenne l’artefice di ogni lavoro che da lì potesse avere risonanza fino in Europa. Il suo senso dell’avventura e del misticismo, unito allo straordinario studio Black Ark, gli permisero di stendere i dieci comandamenti del reggae mentre portava furiosamente la qualità delle sue capacità produttive ad un altro livello. La sporca e magica qualità del suono che da lì uscì diede forza e luogo ad ogni produzione ruvida degli anni futuri, fissando uno standard povero quanto potente. Dopo che Paul McCartney, Robert Palmer e i Clash l’ebbero visitata, la Black Ark fini per essere bruciata nel 1983, insieme ad una certa parte dei nastri originali dallo stesso Perry che, esaurito mentalmente e spiritualmente, riprese le distanze dalle case discografiche e dal successo. Inventivo ed immaginifico quanto chiunque potesse mai avere accesso alle lussurie tecnologiche, Perry è tuttora un influenza continua in questi tempi di produzioni sempre più povere e potenti, avendo indicato il modo per conservare la ferocia e la fame anche in mezzo alle lusinghe del mercato.