Il principio d’astrazione in musica è ozioso. Si tratta di riuscire a formalizzare semmai, di dare forma geometrica ed incrementale ad un materiale sfuggente, liquido e trasparente. La composizione è organizzazione di cento flussi sonori che ci attraversano, che rendono il nostro mondo quello che è, sempre differente ed inafferrabile.
Il perseguimento di una trance elusiva, al di fuori delle tradizioni estatiche ed alla ricerca di un impianto utile, è lo scopo di Bill Laswell. Il Jazz, certo, estasi ecumenica per i giovani dropout d’America, ma il ritmo multidimensionale del paese Tamilo, pure, e chitarre distorte qualche volta, qualunque cosa sia necessaria per la giusta atmosfera.
Certo, Carlos Castaneda immaginava una presa di consapevolezza della realtà del mondo, anche Aldous Huxley e Albert Hofmann percepivano tessiture e filigrane aliene e sentivano la trama acustica in un modo alterato, ma dobbiamo renderci conto che in fondo è lo stesso per ciascuno di noi. Cogliere un frammento del paesaggio sonoro reale porta alla disintegrazione dei nostri giudizi e preconcetti, finchè non crediamo più alla “composizione”.
Laswell invece ama lo studio di registrazione, la stratificazione multidimensionale di mille particelle acustiche. Il suo apprendistato è esemplare: nella Manhattan di fine secolo ha assistito e contribuito ad opere importanti, il cui senso storico ha mutato progressivamente l’intero nostro modo di ascoltare. Poi, ha costruito altre mille dischi: cominciate da qui.
[…] prestigiosa collaborazione con le migliori menti dell’estetica ambientale, da Pete Namlook a Bill Laswell a Taylor Dupree, quando si ritrova da solo il suo suono è delicato e sfuggente com’è nella […]