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Negli anni cinquanta e sessanta i produttori presero il loro posto accanto ai compositori, agli arrangiatori, agli editori e agli interpreti musicali e diedero i loro contributi al processo che avrebbe plasmato la musica leggera. Sam Phillips, un fonico bianco di mezza età che seguiva nel suo studio di Memphis le incisioni di BB King, Howlin Wolf e Charlie Parker, si augurava di trovare un artista non di colore capace di conferire alle proprie canzoni la stessa passione, lo stesso tocco e la stessa spontaneità di quegli artisti. Quando arrivò Elvis Presley, Phillips lo guidò verso il ritmo in levare del blues nero, e il risultato fu il rock’n’roll.

Il Detroit sound del decennio successivo fu in gran parte una invenzione dei produttori, una creatura che non poteva venire alla luce se non in studio. Berry Gordy fondò la Tamla Motown con settecento dollari: autore di canzoni, applicò alla musica i metodi della catena di montaggio ottenendo un notevole successo. Questo suono della giovane America, con la sua capacità di sfruttare l’intimità del microfono, il fascino delle alte frequenze e l’onirica suggestione di un sottofondo musicale indifferenziato, la Motown era un vero prodotto di studio. Gordy e il suo gruppo ( Holland e Dozier, Smokey Robinson Marvin Gaye) riuscirono ad accomunare ascoltatori che non si sarebbero mai trovati sotto lo stesso palco.

Fra i produttori, il primo auteur fu Phil Spector, cantante e compositore. Quando aveva vent’anni la sua casa discografica a Los Angeles comprendeva un singolo arrangiatore, un solo tecnico del suono, una piccola squadra di musicisti a contratto e un unico produttore, con il suo nome sempre in bella vista sulle copertine dei dischi. Le Crystals, le Ronettes, e i Righteous Brothers venivano così lanciati alla deriva: violini e sassofoni, piogge e temporali. Il lavoro di Spector fu forse la prima fonografia pienamente compiuta nel campo della musica leggera. Frank Zappa e i Beatles ripresero il sistema di costruzione dei dischi da dove lui lo aveva lasciato, passando dai singoli agli album e trasformando il kitsch in dada.