Ah, la perduta suggestione hip, in particolare quella europea, che così tanto ebbe a determinare la ridefinizione della gioventù tedesca durante gli anni sessanta del secolo passato. Qui un’epoca intera si conclude, inconclusa, mentre il cosmic courier attraversava le lande tumuliformi del centro e del nordeuropa. Ed è una mistica lussureggiante, da paese ricchissimo, che si contenta di figli difformi e un po’ folli.

E’ un’opera bella, questo inno transconfessionale e sincretico. Contiene il meglio di una New Age non ancora definizione sfortunata, di una promessa essoterica di dolcezza e tenerezza, qualificate, nobili, integrali. Tanto grande fu l’azione seduttiva su di me, che pure oggi risuona nel mio soggiorno da studioso di epoche che furono. Ne riconnette il clima e l’immaginario, in una assenza di tensione davvero da rimpiangere.

Non era solo Florian Fricke, nelle sue scorribande, eppure solo di lui riesco a ricordarmi. Personalità eccentrica e delicata, al contrario dei suoi alter ego sfaccendati e pure megalomaniaci: Klaus Shulze, Edgar Froese, che così tanto di più incisero sul mercato accogliente di allora. E pure era un gruppo importante ed i comprimari si fecero sentire, in una vocalità esotica, avanzata nella pratica estatica e meditativa, almeno quanto le volute di questo suono diffuso possono ampiamente far intendere.