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Il compositore contemporaneo possiede una tecnologia estesa e complessa. Il supporto che ha a disposizione gli procura opzioni vaste e molto potenti, ogni idea può essere sviluppata secondo coordinate multiple. L’abilità che gli venne richiesta negli anni della formazione è diversa da quella di cui ha bisogno oggi, la sua formazione domanda continue revisioni ed aggiornamenti.

Un compositore è al servizio di un committente, la sua capacità di soddisfare le richieste del committente deve essere pronta, rapida, soddisfacente. Il suo committente è un regista del cinema, della televisione, un agente discografico pop, il pubblico pagante nelle sale. L’impegno principale di qualunque compositore è soddisfare questa continua domanda di intrattenimento, di distrazione.

Il compositore di successo indulge spesso nella tentazione di titillare la componente del pubblico che più facilmente risponde, la sua occupazione principale consiste dell’individuare questa parte, sintonizzarsi ad essa, mantenere il contatto. Ciascuno, probabilmente ha il pubblico che comprende meglio, che più sottilmente sa blandire, sedurre, coccolare o, forse, provocare.

Nemmeno si pone la questione di una composizione finalizzata ad un pubblico inesistente, eppure il pubblico, la massa indistinta di uditori più o meno consapevoli, più o meno istruiti, è solo un’astrazione. Se la musica, per essere riconoscibile come tale deve possedere elementari caratteristiche ritmiche, melodiche e magari armoniche, esse non possono che essere considerate come dialetti, tratti sociologici.

Dal modo maggiore di DO, marzialmente eseguito in un 4/4 rigido e semplificato, alle poliritmie armonicamente estreme, eseguite magari in modo speech oriented, l’uditorio è vasto ed irriconoscibile come un’unità. Il tratto comune che identifica i compositori è l’organizzazione di un suono praticabile, contenuto, utilizzabile infine. La composizione è la definizione di un mondo, provvisorio e potenziale.