Non sarà facile spiegare ai nostri nipoti che ascoltavamo più di una volta la rappresentazione tecnologica di un evento musicale, registrato in sessioni virtuali, in cui i musicisti a volte nemmeno si incontravano nello stesso luogo. L’artificialità della performance musicale è stata accettabile per un momento, non lo sarà per molto. In futuro i nostri archivi saranno buffi e sterili, incapaci di ispirare chiunque.
Le regole del mercato sono le regole della comunicazione. C’è un limite alla promozione del prodotto, ed è la qualità del prodotto. C’è un limite al sovraccarico di oggetti falsi ed irrisori, ed è la disponibilità dei fruitori al consumo, non soltanto alla spesa. La vendita di oggetti che contengono documenti relativi a soggetti culturali in atto, è una idea che fa ridere. L’esperienza culturale altrui è in vendita, cosa ce ne facciamo?
Se abbiamo un’idea, ne vogliamo fare una tesi compiuta e renderla pubblica, abbiamo bisogno di documenti a corroborazione. Se il nostro percorso esplorativo, in termini di studio, ha una natura documentale piuttosto che di esperienza diretta, forse dobbiamo riferirci ai documenti certificanti la realtà, piuttosto che alla realtà, ma sennò?
L’esperienza della raccolta di dischi è sentimentale e fisica, piacevole se ben accordata con un modo preciso di intendere il mondo, che deve essere fondata sulla produzione ed il mantenimento di un bene. Chi si stupisce se i ragazzi credono che la musica sia un dato, non un oggetto, che sia disponibile gratis et amore, che ci sia sempre stata e che ci sarà sempre? Ai ragazzi che ascoltano ritmi lontanissimi dall’establishment, cosa importa di Walter Benjamin?
ma WB ha cura dei nostri ragazzi, chè il suo Angelo sta sempre a guardare le rovine del tempo, mentre il soffio del progresso sembra sempre di più una risata…
[…] tecnica di produzione fonografica, quella cioè finalizzata alla realizzazione di una serie di registrazioni musicali stilisticamente e cronologicamente coese, al fine della rappresentazione di un particolarissimo […]