Ho una netta inclinazione per la sensazione uditiva del luogo in cui mi trovo. Di solito non è probabile che ci sia una clamorosa contraddizione fra l’apparenza visiva, quella acustica e la natura essenziale del luogo cui vengo esposto. Ma non solo in una sala da concerto, in un teatro, anche in una normale sala da riunioni, in un ufficio, in un ristorante la dimensione acustica determina in grande parte la mia disposizione all’attenzione, alla cura, alla capacità di serena presenza. Molta parte della mia energia, a volte, serve solo a compensare il difetto del luogo, a colmare il vuoto di carica magnetica o a contenere la sua straripante agitazione. Non credo accada solo a me.
I contesti sonori, una volta assunta una certa consapevolezza, possono essere osservati da punti di vista differenti, a seconda del nostro ruolo del momento, delle nostre competenze, delle nostre inclinazioni. Se l’acustica è una scienza fisica che si occupa di chiarire che cosa i suoni siano, è invece la psicoacustica che investiga in quale modo i suoni vengono percepiti, goduti, sofferti. Se la prima è materia da fisici e ingegneri, la seconda è l’oggetto di cui si devono occupare gli psicologi ma anche e soprattutto i fisiologi.
Il significato dei suoni, la materia di studio principale per i linguisti e gli esperti di comunicazione riguarda la semantica, per definizione la più discussa e controversa delle discipline. In fine l’estetica è il campo di filosofi e poeti, oltre che dei compositori musicali. Non si tratta tanto di comprendere perchè i suoni piacciano, ma perchè abbiano un impatto così forte e continuo sul nostro sentimento del mondo e dell’esistenza. E’ ovvio che queste distinzioni sono insufficienti e obsolete. Negli interstizi oltre i confini di queste discipline c’è molto da scoprire e comprendere.
Siamo tutti immersi in un universo sonoro, ogni più piccolo movimento produce un suono di cui siamo, più, o meno, consapevoli. La consapevolezza tecnica e sentimentale è quella che ci trasforma da uditori in ascoltatori, e per questo abbiamo bisogno di alcune nozioni tecniche, di un vocabolario adatto, di pulizia ed ordine. Non credo ci sia una qualunque questione ideologica di fronte all’opportunità di vivere più completamente la nostra esperienza umana, che è fatta di coincidenze ed accidenti, ma anche e soprattutto della abilità di distinguere.