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Non mi è mica facile, nemmeno in questa silenziosa e comoda domenica mattina, in casa da solo, nemmeno con questa bellaria che segue il mio miglior caffè, misurarmi con Tutto quello che questo dischetto implica, comprende, conclude. Si tratta della mia vita intera, certo della mia infanzia. Ogni gemito della musica migliore che io conosco lo ritrovo qui, summa di un modo intero di ascoltare che mi ha portato via decenni.

Eppoi questa aura, come a volermi toccare, insomma sono commosso. Per quei pochi di voi, così distratti ed innocentemente sciocchi da averlo trascurato, potrebbe essere l’ultima chance, la mia così simile a quella vecchia pubblicità Texaco, prima del deserto, del nulla, dell’inaccessibile futuro della produzione discografica. A voi, miei rispettabili lettori, dedico questo oggettino che potete ancora facilmente procurarvi.

C’è l’America qua dentro, quella che ormai esiste solo nella mente dell’ultimo immigrato che abbia lasciato un paese in guerra, distrutto magari, un paese per cui non vale più la pena lottare. Qua dentro c’è l’america dei nostri sogni, un grande paese attraversato da strade diritte, su cui non si può correre troppo, coperto da cieli così intensi da sembrare un paese davvero Diverso. Il paese che solo gli stranieri conoscono.

Nella musica contemporanea ci sono essenzialmente due grossi problemi: la mancanza di mercato e la mancanza di funzione. Uno si trova a dover misurare quale per lui sia più dignitosamente misurabile. Io credo che Jimi Hendrix, Joni Mitchell e Hank Williams avrebbero delle grosse difficoltà ad affermarsi nello stardom oggidì, credo che dovrebbero riparare in quel locale in fondo al sunset, in un set notturno e pacato, magari gli avventori li amerebbero perchè il loro gruppo suonerebbe proprio come questa inestimabile registrazione.