Potrebbe essere scambiato per integralista l’approccio di Pan Sonic alla produzione musicale. Dall’assonanza con l’onda “industriale” degli anni ottanta in Gran Bretagna alla profonda passione per il lavoro di Francis Bacon, allo stesso modo distorto e profondamente “classico”. Dalla radicalità del modo di comporre, eseguire e registrare usato anche qui, in diretta e senza sovraincisioni. Non è così semplice, l’innovazione di Pan Sonic consiste di una componente inedita: l’assenza di svenevolezza.
Il rischio di affondare in una melassa di bei suoni inconsequenziali, con la sola vaga promessa di un’acquatica forma di rilassamento indotto attraverso l’abrogazione dello stress, quanto di meno musicale io riesca ad immaginare, qui non si trova. E’ musica da uomini questa, che si organizzano in un mondo meno tetro, selvaggio ed aggressivo, uomini eleganti, raffinati e silenziosi, che intendono curarsi dello spazio senza assaltarlo.
E silenziosa è questa musica, fondata su microsuoni e microritmi davvero discreti. Rimane forte e potente: in una continua ipotesi di autoaccettazione anzichè di autoaffermazione sta la vera forza esemplare di questi processi di flusso. Un ottimo esempio per quanto riguarda la investigazione sulle qualità reali della musica, che magari non è culturalmente riconoscibile come tale, ma che è capace di investire ogni aspetto del nostro essere uomini in divenire, e di non lasciare più nulla di intentato.