Uno spazio “celeste” è adatto a risonanze medio alte, per assecondare la potenza e la chiarezza della voce umana, è adatto al contenimento di armoniche superiori aeree e sottili, tese alla connessione con essenze appunto celesti e leggere. Uno spazio “terrestre”, tipicamente più immerso nel terreno e più direttamente in connessione con esso possiede una inclinazione a risonanze inferiori, nelle quali anche un piccolo coro virile può ottenere effetti inusuali. Un edificio tende ad un equilibrio fra le diverse strutture, a ricreare l’universo.

Nessuno dei grandi edifici dell’antichità aveva semplicemente una o l’altra inclinazione. La cripta della Basilica di San Marco, in cui il suono udibile sempre si può definire perfettamente terrestre grazie alle sue qualità “infere” è appunto uno spazio componente la struttura e “specializzato” nella composizione totale. Il coro della Cattedrale di Chartres, ma anche quello di Sens, o di Solesmes, hanno una dimensione spaziale perfettamente intonata alla produzione di un suono energetico, attraente, d’unione, in cui tutte le armoniche naturali del canto Gregoriano, anche quello più melismatico, risuonano perfettamente.

Il Pantheon a Roma, ma anche la Basilica della Salute a Venezia, così come la Moschea di Omar a Gerusalemme o la cupola di Santa Sofia a Costantinopoli prevedono viceversa la dissoluzione, l’assorbimento, l’annullamento delle risonanze, a costruire il perfetto ambiente perchè il silenzio possa entrare, pervadere e saturare lo spazio, in una transustanziazione adatta alle necessità dei meditanti.