Nella mia esperienza d’ascolto lo spazio architettonico, tecnicamente multidimensionale, è definito in termini di qualità dalla sua caratteristica sonora. Intendo dire: a valle di qualunque interpretazione individuale, è la somma delle qualità del sito, delle qualità dei materiali, della qualità della manodopera e della capacità dei capomastri, oltre ad altre condizioni diciamo così più celesti, a stabilire il suono che un certo edificio può potenzialmente contenere.
Non è diversa la qualità di uno spazio architettonico da quella di uno strumento musicale, compresa la sua destinazione a migliorare con il tempo. L’architettura di uno strumento musicale è legata a fattori complessi e sconnessi ma la sua qualità sonora è semplicemente definita dall’atmosfera che è in grado di creare. Ora, è ovvio che una certa atmosfera è suscettibile di variazioni anche piuttosto ampie che sono determinate dagli abitanti l’atmosfera stessa, ma alcune condizioni sembrano esistere anche in premessa.
In effetti un dato spazio, che abbia potuto vivere e respirare in un tempo sufficiente per una presa di autocoscienza degna di questo nome, appartiene per la gran parte ad una specifica dimensione. Le capacità risonanti di un edificio, del tutto paragonabili ad una tavola armonica su catenatura, allo sviluppo di una tromba, alla cassa di un tamburo generano una “curva” caratteristica e adatta ad una certa ricchezza e varietà di sentimenti, ma tutti tipici di una precisa dimensione cosmica.