Come nascono i miti? Dapprima qualcuno li sogna; poi quei sogni diventano canti; in seguito qualcuno li trasforma in poemi; infine qualcun altro li scrive nei Libri Sacri. E da dove provengono quei sogni iniziali? Forse dalla divinità stessa (se siamo credenti), o dagli archetipi (se non lo siamo). Così come il ragno tesse tele, noi fabbrichiamo sogni. È questo il mito fondatore, poiché sostiene tutta la società. E contro i sogni si erige il potere, l’egoismo.

Alejandro Jodorowsky Los evangelios para sanar 1996

La disposizione dei documentaristi e di molti ascoltatori spesso non è una attitudine musicale, dove con questo termine intendo suggerire una disposizione vitale. La raccolta dei materiali, la sua schedatura, ordinata assiomaticamente in categorie mentali, è solo una parte eventuale del lavoro del musicista e dell’ascoltatore, che deve diventare gioia.

Occorre appunto che nello spazio fra le note si insinui un desiderio, di apprendere ma anche di celebrare, un godimento che superi le necessità mentali così come quelle fisiche. Che sia integro e puro, come la normale disposizione umana, a monte di sovrastrutture ideologiche che per quanto utili in un sistema sociale vanno a detrimento, a volte in misura eccessiva, delle necessità individuali stesse.

La meditazione di un musicista lo porta spesso nel luogo in cui la musica non c’è ancora, in un silenzio tipico della preesistenza che contiene, entelechia sublime, ogni suono che sia possibile in un dato momento. Nella musica molti concetti culturali non sono sufficienti ad avere un senso compiuto, quando la musica si realizza la storia aspetta fuori, lasciandoci contemporaneamento sprovveduti e confortati. Se tale posizione può essere considerata scomoda e non auspicabile è solo perché non è la vita quella cui aspiriamo, ma qualcos’altro.